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Immagine del redattoreAngolo Fotografia

Ciak, si scatta!

Aggiornamento: 21 ott 2020

di Arianna Consorte //


Per quanto il cinema si caratterizzi per immagini veloci che si susseguono creando incredibili sequenze, non possiamo ignorare il ruolo della fotografia nell’industria filmica per la capacità di immortalare gli attori e renderli personaggi iconici. Fermandoli nello spazio e nel tempo, uno scatto può conferire loro sembianze eroiche: come nelle statue greche gli scultori fissavano gli eroi in marmoree o bronzee sembianze divine tramandandoli in un eterno ricordo fino a noi, così i fotografi dei divi ci regalano icone indelebili capaci di definire una personalità nel corso della storia.


In una panoramica cronologica prendiamo ad esempio tre grandi fotografi di cinema e osserviamo insieme come permanga invariata la loro grandiosità, seppur rivoluzionando tecnologia, resa cromatica, modalità di stampa ma anche costumi e acconciature.


Felix Nadar (Parigi 1820-1910) è considerato il primo grande fotografo di divi della storia, nonché un pioniere e una grande celebrità del tempo; infatti, come visto in C’era una volta… la Pinhole Camera, Nadar inventò la fotografia aerea dilettandosi nell’immortalare la sua città sorvolandola con una mongolfiera. La sua ritrattistica è definita psicologica perché, per arrivare alla resa quanto più realistica e spontanea dei soggetti, tendeva a metterli a proprio agio instaurandoci una conversazione, così da spingerli a mostrare il loro reale volto, senza formali convenevoli.


In una Parigi così prolifica dal punto di vista artistico, Nadar era solo uno dei tanti a possedere un atelier fotografico; tuttavia nel suo studio in Rue Saint-Lazare 13 non ospitava solamente illustri uomini politici ma anche e soprattutto letterati, artisti e attori.

Isolando il soggetto da uno sfondo caotico e ponendolo in una posa sobria, faceva sì che ci si concentrasse semplicemente sul volto, messo in risalto grazie a delle luci che modulavano il chiaroscuro (e dunque l’espressività) così da evidenziarne non l’aspetto fisico, bensì l’intimità psicologica.


«Quello che non si impara è l’intelligenza morale del tuo soggetto – è quell’intuizione che ti mette in comunione col modello, te lo fa giudicare, ti guida verso le sue abitudini, le sue idee, il suo carattere, e ti permette di ottenere, non già, banalmente e a caso, una riproduzione plastica qualsiasi […], bensì la somiglianza più favorevole, la somiglianza intima». Difatti, l’intuizione vincente di questo fotografo fu di trasmettere l’interiorità di un soggetto in cui lo spettatore potesse riconoscersi, piuttosto che fermarsi alla mera forma fisica.

Passiamo a George Hurrell, fotografo che contribuì a lanciare l’idea di glamour negli anni ’30 e ’40, un’idea ben diversa da quella del primo artista che abbiamo trattato. Vi sembra un nome conosciuto? Probabilmente lo avrete sentito in Hollywood, la recente serie in onda su Netflix, che ci racconta proprio il cinema di fine anni Quaranta: i giovani attori protagonisti della vicenda vengono sottoposti al servizio fotografico del fotografo in questione, che gli dona fama e gloria. George era un imagine-maker: il suo impegno era volto a completare la creazione dell’immagine di una celebrità, passando da rappresentazione cinematografica a fotografia glamour. Diversamente dalla somiglianza intimistica dell’attività pionieristica di Nadar, Hurrel conferiva ai suoi attori una identità iconica quasi al pari degli dèi greci, ricercando la posa, l’espressione e una luminosità mistica.


Chiudiamo la nostra carrellata con Annie Leibowitz, una delle maggiori fotografe di divi della nostra epoca, nota per le sue capacità immaginifiche di ricreare mondi paralleli fantastici, ovviamente con il clamoroso aiuto di software di ritocco.

Non si tratta più, quindi, di presentare il soggetto nella sua identità intima o nella sua eroicità glamour, bensì di calarlo in una storia seducente resa da ambientazioni spettacolari. Non si limita a creare semplici fotografie ma veri e propri blockbuster stupefacenti, capaci di stupire lo spettatore.

Tra gli innumerevoli lavori, prendiamo ad esempio i servizi realizzati per la Disney che inseriscono gli attori nel mondo delle favole, che sia il castello delle principesse, l’Isola che non c’è o il ristretto mondo di Alice nel paese delle meraviglie; realtà parallele che incantano chi osserva e lo catapultano direttamente lì con i protagonisti.


Da visioni intimistiche e psicologiche, a personalità eroiche e quasi divine o a protagonisti di fiabe intramontabili, da sempre la fotografia ha contribuito a creare colossal fotografici, rendendo eterna la gloria degli attori da Hollywood a Parigi.


The end


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