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CAMERA WORK: la rivista fotografica più importante del Novecento

Aggiornamento: 14 feb 2021

di Marika Tanzi //


Il lume di un uomo, Alfred Stieglitz, costituì il seme dell’epopea artistica della rivista Camera Work, destinata a segnare le sorti della fotografia americana ed europea dei primi decenni del Novecento e oltre: il suo esordio si ebbe nel gennaio 1903. Il titolo, nel complesso semplice, ricalcava l’idea di una rivista modesta, familiare, che alludeva al modo in cui venivano chiamati i fotografi dell’epoca, i cosiddetti “camera workers”. Un’idea in netta contrapposizione con i contenuti d’avanguardia presentati, esplosivi e dinamici; un’ambiguità di cui il suo direttore era consapevole – e probabilmente compiaciuto.


Il primo numero fu un grande successo: al suo interno si potevano trovare fotografie e opere appartenenti agli esponenti del "Photo-Secession", un movimento sviluppatosi nei primi anni del Novecento che intendeva promuovere la fotografia come arte e di cui lo stesso Stieglitz era fondatore. Fortemente deciso ad avvalorare questa tesi, il fotografo non si risparmiò mai per ottenere qualità elevatissime di riproduzione, che si ricavavano mediante processi lunghi e accurati di fotoincisione; ogni fase era supervisionata da Stieglitz, il quale si premurava di correggere personalmente qualsiasi imperfezione e, in alcuni casi, di fissare egli stesso le fotoincisioni sulle pagine.

Si ebbe un’onda d’urto senza precedenti nel campo dell’arte della riproduzione meccanica, che per la prima volta si fregiava di commenti e saggi puntuali sulla sua essenza e sul suo essere un’arte a pieno titolo. Al prezzo di due dollari per numero il lettore poteva immergersi nelle opere di alcuni dei più importanti fotografi del Novecento, come Robert Demachy, Edward Steichen, Gertrude Käsebier, Paul Strand ed Eva Watson. Tuttavia, il solo spazio cartaceo sembrava insufficiente a contenere l’energia rivoluzionaria delle immagini proposte, così nel novembre 1905 prese vita “The Little Galleries of the Photo-Secession", una galleria situata al civico 291 della Fifth Avenue di New York. Nel suo primo anno di vita essa accolse quindicimila visitatori, e ben presto divenne il luogo d’incontro dei membri del movimento e dei suoi sostenitori, che in precedenza si raccoglievano in ristoranti e bar.

Quel luogo magico e pullulante di vita non si limitò ad esporre solo immagini fotografiche; al contrario, ospitò disegni, litografie e quadri di Matisse e Rodin, che Stieglitz aveva conosciuto nei suoi viaggi in Europa tra il 1907 e il 1909, introducendo l’arte francese nell’ambiente americano e facendosene portavoce. Successivamente allestì la prima esposizione di disegni e acquerelli di Picasso negli Stati Uniti, seguito dalle opere di Braque, Brancusi, Picabia e Severini: un ulteriore esempio di come vi fosse un filo sottile ad intrecciare le sorti dell’arte d’avanguardia di quel periodo e la fotografia promulgata da Camera Work.


Nonostante i successi, negli ultimi anni la rivista dovette affrontare una serie di fallimenti e cadute, dovuti in gran parte alla Prima Guerra Mondiale e al calo di abbonamenti; la sua ultima pubblicazione si ebbe nel giugno 1917. Un’epopea senza precedenti, che permise alla fotografia di ergersi sulle proprie gambe e poter finalmente dichiarare al mondo di esistere e, soprattutto, di andarne fiera.


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