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Quando la fotografia incontra l'arte

Aggiornamento: 25 apr 2021

di Arianna Consorte //


Cos’hanno in comune un fotografo come Henri Cartier-Bresson e uno spaziale pittore come Caravaggio? Nulla, potreste pensare: sono due artisti eccelsi ma ben distinti nei loro campi di lavoro e, peraltro, vissuti a tre secoli di distanza l’uno dall’altro. Ebbene, non possiamo limitarci a confinarli nelle loro singole discipline, ma dobbiamo invece riconoscere che esiste un punto di incontro. Difatti, il bello dell’arte non è proprio questo? Far trovare e intrecciare tra loro discipline diverse, per scoprire che insieme generano un mondo spettacolare.


Sicuramente, i due artisti si incontrano nella scelta del momento da rappresentare, nell’«attimo decisivo» che rende indimenticabile una tela o una fotografia. Non a caso, la critica moderna ha definito Caravaggio come un predecessore della fotografia e Cartier-Bresson “padre del fotogiornalismo”. Senza mezze misure e fronzoli, entrambi vogliono rappresentare la realtà che gli si manifesta davanti agli occhi. Sia nelle scene sacre sia in quelle di genere, Caravaggio individua il momento cardine che lascia di stucco lo spettatore e ritrae uomini del popolo, poveri, feriti, vittime. Allo stesso modo, Cartier-Bresson attende l’attimo che rende un evento memorabile.


Che questa assonanza sia suggerita anche dalla loro caratteristica vita? Cartier-Bresson fu un dissidente politico, entrò a far parte della Resistenza francese e venne fatto prigioniero dai nazisti a più riprese, riuscendo sempre a scappare; Caravaggio esulò dai canoni accademici anche nella sua condotta: fu ripetutamente arrestato per il coinvolgimento in numerose risse (talvolta sfociate in omicidi veri e propri) e scappò di volta in volta, rifugiandosi in varie città.


Passiamo però alla sostanza. Cartier-Bresson esemplificò la sua teoria fotografica nel libro The Decisive Moment e rimase coerente con la sua tecnica anche nella stampa delle fotografie; senza colori, ritagli in post-produzione e senza alcun tipo di modifica, lo scatto va a mostrarci esattamente ciò che il mirino della sua mitica Leica coglieva: non vi sono angolazioni migliori che facilitino la visione, né applicazioni di luce artificiale, semplicemente l’attesa paziente dell’istante determinante (foto 1).

Prendiamo come esempio uno degli scatti realizzati da Cartier-Bresson nel 1945, al ritorno da una fuga a New York, per realizzare un servizio sulla liberazione dei detenuti a Dessau. È un evento storico e irripetibile: una donna riconosce colei che l’aveva precedentemente denunciata alla Gestapo. Si tratta di un momento fondamentale, che congela un’emozione intensa ma decisamente effimera, destinata a scomparire dai volti dei soggetti in pochi attimi (foto 2).

D’altronde, Cartier-Bresson affermò più volte di voler conservare ciò che stava per sparire e raccontare ciò che succedeva nel mondo. Ecco perché, quando nel 1948 apprese della morte di Gandhi, si recò in India a fotografare i momenti successivi all’evento: ne fotografò la salma e i funerali e la folla che assisteva alla cerimonia (foto 3), cogliendo di soppiatto i momenti più intimi e riuscendo perfino a catturare la cremazione e lo sguardo sgomento del segretario personale del Mahatma (foto 4).

Anche Caravaggio è attratto dalla transitorietà della vita e dall’effimero delle cose reali. Nel suo Autoritratto (foto 5) lo troviamo nell’esatta espressione in cui, sorpreso, si accorge di essere stato morso da un ramarro: ne notiamo una gestualità portata all’estremo nel movimento della mano, fortemente carica di tensione. Nella famosissima tela raffigurante L’incredulità di San Tommaso (foto 6), il costato aperto e lo sguardo attonito del Santo ci riportano precisamente a quell’istante, come se la scena si fosse appena manifestata davanti a noi oppure come se, in prima persona, potessimo sentire la ferita al nostro tocco.


In conclusione, attraverso processi e mezzi differenti, i due pionieri hanno in comune la spinta che li porta a fotografare o a dipingere, ma anche la ricerca del cosiddetto attimo decisivo e l’immagine di una realtà senza veli, allo stesso tempo carica del loro personalissimo vissuto. Ritroviamo il medesimo principio della poesia di Robert Herrick che recita:

«Cogli la rosa quando è il momento

Che il tempo, lo sai, vola».

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