Tra apparenza e profondità: il design come le persone
- Angolo Design
- 15 mar 2020
- Tempo di lettura: 2 min
di Francesca Rimoldi //
Quando non si conosce bene un argomento, una disciplina o una persona, l’essere umano tende spesso a generalizzare, basandosi sul sentito dire. Ciò accade con il fine di esprimere un’opinione positiva o negativa senza davvero essere curiosi di conoscere. La verità è che nulla è mai come sembra: se all’apparenza di un prodotto c’è semplicità e bellezza, dietro vi è una storia progettuale lavorata e complessa. Se una persona reagisce a determinate situazioni in una certa maniera, vi è sempre una motivazione.
L’affermazione “Questo mobile è di design”, esattamente, cosa significa? Molti la usano per dire che il mobile in questione è bello, particolare, realizzato con materiali e tecnologie di ultima generazione. Tuttavia il design non è bellezza, lusso, o pura e semplice forma. È molto di più. Va al di là dell’estetica; è sana intangibilità, è la risoluzione di un problema, è la motivazione per la quale quel mobile esiste. Il design (in italiano vale a dire il progetto) è una disciplina che racchiude tanti mondi diversi: dall’ingegneria alla letteratura, passando per la filosofia, l’arte, la storia, la chimica, l’economia. È riduttivo quindi accostare questo termine all’estetica. Per la sua complessità, la disciplina del design si può paragonare invece alla composizione di una persona: anima, intelletto, corpo.
Il binomio design-persona ha perciò ragione di esistere per una lunga serie di motivi; il punto cardine è che essenzialmente l’esito finale è sempre frutto di un susseguirsi di eventi ragionati e casuali. Ci sono delle fasi: ogni cosa ha il suo tempo, a volte si possono fare dei passi indietro, altre ci si ferma. È un processo che porta a dei cambiamenti e – dopo tempo e pazienza – ad un risultato.
La curiosità nel capire come stanno davvero le cose paradossalmente ha il suo picco nella fase iniziale, quando si è bambini. La fatidica domanda “Perché?” negli adulti ha sempre suscitato un lieve fastidio; in questa fase si preferisce non sapere. La chiave per non fermarsi all’apparenza e realizzare un buon progetto è proprio la curiosità, persa per strada durante gli anni. Forse – per progettare qualsiasi cosa, che sia il proprio futuro, una casa, una sedia, un brand – sarebbe necessario ritrovare ciò di cui Pascoli parlava nella poetica del fanciullino: il bambino dentro ognuno di noi.
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