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Siamo sazi del food porn?

di Caterina di Luzio //


I miei Instagram e Tik tok sono abitati essenzialmente da cibo e cuccioli che fanno cose. Paragonando questi social alla morente tv, è come assistere a un caotico susseguirsi di programmi di cucina (spesso scadenti) intervallati da episodi di Paperissima sprint (io, un intellettuale). In questo scrolling passivo mi sorbisco più o meno consapevolmente molte ricette al giorno: l’algoritmo ultimamente mi propone molti hamburger vegetali, infinite sfumature di hummus e costose granole fatte in casa.

Mi sembra di notare, da un po’ di tempo a questa parte, la presenza sempre più rarefatta di un fenomeno che negli ultimi anni è stato particolarmente virale: il food porn. Chi legge avrà con grande probabilità ben presente l’hashtag che, dall’inizio della sua diffusione, ha accompagnato milioni di contenuti a tema food. Non so se tutto questo sia frutto della mia percezione, ma mi pare sempre meno frequente la tendenza a una cucina “spettacolare”, libidinosa e piuttosto calorica: guardavo, a metà tra il fascino e la repulsione, delle torte che una volta tagliate sprigionavano cascate di cioccolato fuso, oppure hamburger ricoperti da una coltre spessa di cheddar. Questa corrente continua a scorrere nel sottobosco dei social, ma sembra aver lasciato spazio ad altre tendenze decisamente più sobrie e salutiste.


Andiamo alle origini del fenomeno: uno dei primi utilizzi del termine food porn compare in un saggio del 1984 della critica femminista Rosalind Coward, Female desire: in questo saggio sul desiderio sessuale femminile l’autrice rifletteva sul concetto di «food pornography», e su come la rappresentazione esteticamente gradevole del cibo sia correlata a un’idea di asservimento. Negli anni Novanta, il termine è stato sempre più utilizzato per indicare le immagini attraenti che la pubblicità sfruttava per promuovere l’acquisto di cibi malsani e ipercalorici.



Oggi, per “food porn” si intende una rappresentazione del cibo su internet che mira a renderlo appetibile, attraverso una proposizione “sexy”, pornografica della pietanza, veicolando implicitamente l’idea del cibo come surrogato del sesso. Questo concetto, solitamente, fa rima con cibi ipercalorici e poco sani, ma è estendibile generalmente a qualsiasi rappresentazione spettacolarizzata del cibo. Un prodotto della cultura del food porn è la fotografia compulsiva, che ha addirittura portato alcuni chef stellati francesi a ribellarsi contro la tendenza dei loro clienti a fotografare i piatti, ritenendola «un insulto alla loro arte», secondo quanto riportato dal Daily telegraph. Non starò a interrogarmi su quanto sia legittimo o meno impedire la fotografia dei piatti (dal momento che quest’ultimi non sono protetti da un copyright), e di come la condivisione sui social sia una fonte di grande pubblicità per la ristorazione, ma vale la pena sottolineare come il fenomeno del food porn sia strettamente legato all’esperienza social e alla “documentazione” febbrile. Infatti, ciò che rende questa tendenza così rappresentativa della nostra epoca è che col food porn l'unica ad essere appagata è la vista, mentre si trascurano il gusto e l’olfatto, i due sensi più coinvolti nell’atto del mangiare. La rappresentazione del cibo è ritenuta ormai sufficiente, la foto sembra aver sostituito completamente l’esperienza della consumazione.



Ma veramente tutto ciò che è food porn può essere associato al piacere? Pensando a certi hamburger “deep fried” o a cascate di burrata su un piatto di maccheroni, nutro forti dubbi su questa correlazione. Nella maggior parte dei casi, infatti, questo hashtag è associato a piatti esagerati, strabordanti di salse e colesterolo. Non sarebbe legittimo, forse, parlare di fine del food porn, dato che questi contenuti pullulano su internet; tuttavia, basta dare un’occhiata ai food trend di Tik tok per iniziare a notare un’inversione di tendenza: nel 2021 la ricetta con più visualizzazioni è stata quella del cloud bread, un impasto sofficissimo che per un effetto di ossidazione cambia colore; al secondo posto c’è stato il whipped coffee, di fatto una crema di caffè, seguito dai pancake cereal e dal frozen honey. Ben un miliardo di visualizzazioni ha ricevuto la feta pasta. Niente fritti ai primi posti e soprattutto, niente carne. La cucina vegetariana e vegana, complice una crescente sensibilità per l’emergenza ambientale, ha guadagnato sempre più spazio, diventando un vero e proprio macro-trend destinato a crescere. Il food porn è vivo e vegeto, dunque, ma stando al social della generazione Z sembrerebbe ormai un figlio della cultura millennial che sta invecchiando un po’ male.

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