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L’Italia in cinque dolci di Natale

Un mini tour dei dolci natalizi da Nord a Sud


di Caterina di Luzio //


Che siate amanti del Natale o dei piccoli Grinch, senza dubbio vi starete preparando psicologicamente a quel tour de force culinario che inizia la sera della vigilia e si conclude con la Citrosodina circa due giorni dopo, per poi protrarsi stoicamente fino all’epifania. Per l’occasione vi proponiamo una degustazione virtuale di alcuni dei dolci natalizi dello Stivale, rinunciando in partenza a qualsiasi pretesa di esaustività, e per questo vi chiediamo scusa. (Se ve lo steste chiedendo, tra panettone e pandoro, chi scrive, parteggia per il panettone. Ci spiace).


Il viaggio inizia proprio col panettone, il dolce lombardo che si è guadagnato nel tempo il titolo di re dei dolci natalizi. Le origini di questo lievitato pieno di burro e frutta secca sfumano nella leggenda: il panettone sarebbe nato da un errore del maldestro cuoco di Ludovico il Moro, il quale aveva bruciato il pane destinato al pranzo del signore di Milano. Un garzone di nome Toni propose allora di rimediare utilizzando l’impasto rimasto e aggiungendo burro, cedro e uvetta. Quando Ludovico il Moro chiese al cuoco il nome di quella prelibatezza, quest’ultimo rispose timidamente «L’el pan del Toni», cioè il Pane di Toni, da cui “panettone”. Questo dolce, tuttavia, sarebbe ancora più antico: Pietro Verri nella sua Storia di Milano parla di grossi pani che venivano serviti nelle tavole milanesi il giorno di Natale sin dal IX secolo. Ancora nel XV secolo, era tradizione che il giorno di Natale i fornai milanesi impastassero lo stesso pane per aristocratici e plebei, il pan de ton, un pane di lusso di puro frumento, con frutta secca e zibibbo. Col tempo le versioni di questo dolce si sono moltiplicate e oggi ce n’è per tutti i gusti. Un consiglio spassionato: che lo prendiate al pistacchio, classico o al cioccolato, investite anche solo in un buon panettone artigianale piuttosto che in svariati panettoni industriali. Il sapore e la consistenza sono letteralmente un’altra storia.



Dirigiamoci verso il centro Italia col panpepato, un dolce di origine medievale di cui Umbria e Toscana si contendono la paternità, ma esiste anche in una versione ferrarese. L’origine di questo dolce, tuttavia, andrebbe rintracciata nel lontano oriente, da cui gli europei importavano le spezie. Arrivato in Italia, questo pane speziato avrebbe accolto ingredienti come noci, agrumi, mosto cotto e in alcune versioni, il cacao. Il risultato di queste connessioni storico-geografiche è un dolce intensamente profumato, dal sapore complesso e armonioso al tempo stesso. La ricetta tradizionale prevede la cottura nel forno a legna, che conferisce al dolce un leggero sapore affumicato.


Dal momento che buona parte della redazione è abruzzese, ci pare doveroso citare il parrozzo. Questa “cupola” ricoperta di cioccolato fondente ha un’origine relativamente recente: nel 1920, a Luigi D’Amico, un pasticcere di Pescara, venne in mente di cucinare un pan rozzo che potesse conservarsi per diversi giorni. Realizzò quindi una pagnotta con farina di granturco e mandorla, coperta da uno spesso strato di cioccolato fondente. Gabriele D’Annunzio, estasiato, dedicò al parrozzo addirittura un madrigale, La canzone del parrozzo. Di questo dolce esiste una versione industriale prodotta dall’azienda fondata da D’Amico, per la quale D’Annunzio, grande mangiatore di parrozzi, svolse il ruolo di copywriter ante litteram. A detta di Gabriele, questo dolce è un sasso «spretato della Majella e convertito in pane angelico», fossi in voi, se non l’aveste già fatto, lo proverei.




Procediamo spediti verso la Campania e tuffiamoci (purtroppo metaforicamente) negli struffoli. Queste palline di pasta fritte e coperte di zucchero a velo o confettini colorati, hanno parenti alla lontana in diverse aree d’Italia e del mondo: un’ipotesi è che siano arrivate dalla Spagna, dove si trovano dei dolci molto simili; per altri sarebbero arrivati in terra partenopea dalla Grecia, sin dai tempi della Magna Grecia. Il termine “struffolo” deriverebbe infatti dal greco strongylos, “tondeggiante”. Altre teorie farebbero derivare questo nome dall’atto dello strofinare, col quale si ottiene la loro tipica forma. Legate agli albori del cristianesimo sarebbero invece le cartellate, dei dolci pugliesi che si ricavano attorcigliando su se stesse delle strisce sottilissime di pasta che poi vengono fritte. Questo dolce è attestato per la prima volta in un resoconto del matrimonio di Bona Sforza, figlia di Isabella D’Aragona (1517), e può essere accompagnato da ingredienti diversi, dal miele al vin cotto.



Giunti alla conclusione di questo mini tour, ci viene in mente che i dolci di Natale, quelli con cui siamo cresciuti, sono come le madeleine per Proust: nel momento dell’assaggio, la memoria collettiva cede il passo a una più intima, famigliare. Vi auguriamo di condividere con chi amate i vostri dolci di Natale preferiti. Questo augurio va anche ai fan del pandoro.




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