di Sara Di Nardo //
«Come sei riuscito a vendere una simile idea ad eventuali produttori?»
È questa una delle domande più frequenti ricevute da Taika Waititi durante la promozione di Jojo Rabbit, il film che ha diretto e scritto ispirandosi al libro Caging Skies di Christine Leunens. Come lui stesso ha spiegato, proporre a grandi studios cinematografici la storia di un bambino nazista con Hitler come amico immaginario avrebbe significato vedere il progetto bocciato sul nascere. Quindi, nel lontano 2012 Waititi opta per una strategia diversa: scrivere la sceneggiatura e inviarla direttamente a varie case di produzione una volta completata. Negli anni a seguire, tuttavia, il regista neozelandese è impegnato nella realizzazione di altri film, tra cui il blockbuster Marvel Thor: Ragnarok, grazie al quale ottiene una maggiore visibilità e notorietà. A quel punto è la Fox Searchlight a farsi avanti, accettando di finanziare Jojo Rabbit ad una sola condizione: ad interpretare Hitler deve essere lo stesso Taika Waititi, evitando così che l’attenzione si focalizzi sul nome di un famosissimo attore piuttosto che sulla storia e il suo messaggio.
Il 18 ottobre 2019 (in Italia solo a gennaio 2020) Jojo Rabbit esce finalmente nei cinema e conquista un successo straordinario di pubblico e critica. La pellicola, inoltre, ottiene 6 nomination agli Oscar 2020 e si aggiudica la statuetta come Miglior Sceneggiatura non originale, uscendo vincitrice in una categoria condivisa anche con i notevoli Piccole donne e The Irishman.
Nonostante il film funzioni sotto ogni punto di vista, è proprio la sceneggiatura a renderlo un prodotto originale e perfettamente riuscito. Jojo Rabbit, infatti, è una satira coraggiosa e intelligente: la storia ruota attorno a Jojo, un bambino di 10 anni che sta per cominciare l’addestramento in un campo estivo nazista. A sconvolgere la sua routine e mettere in discussione i principi in cui crede è la scoperta di Elsa, una ragazza ebrea nascosta dalla mamma di Jojo nell’attico di casa loro. Queste premesse, unite alla presenza di Hitler come amico immaginario del protagonista, rendono il film rischioso e tutt’altro che facile da gestire. La straordinaria capacità narrativa di Taika Waititi, tuttavia, gli consente di trattare con sensibilità e delicatezza un argomento estremamente complesso restando comunque fedele al suo stile: eccentrico, sopra le righe e unico nel suo genere.
A tal proposito è opportuno fare riferimento ad una delle prime scene tra Jojo ed Elsa, esempio validissimo dell’uso intelligente che il regista neozelandese fa della propria scrittura. Poco dopo essersi conosciuti, i due stipulano un patto: il bambino le consentirà di restare in cambio di informazioni sulla razza ebraica, necessarie per aiutarlo a scrivere un libro aneddotico e irrisorio sull’argomento. La ragazza decide di stare al gioco:
«Siamo come voi, ma umani»
È così che Elsa comincia a descriversi agli occhi di Jojo. Una simile battuta, scritta per il personaggio giusto al momento giusto, è sufficiente nella sua semplicità per cambiare il tono dell’intera sequenza: seppur già efficace nel mostrare l’assurdità dell’ideologia nazista, a questo punto la scena lascia da parte la sua spensieratezza e acquisisce una più amara consapevolezza, arricchendosi di spessore e significato.
Come già visto in Boy (2010), Selvaggi in fuga (2016) e nello stesso Thor: Ragnarok, che ha portato nell’universo Marvel una nuova e necessaria leggerezza, il regista neozelandese è infatti magistrale nell’amalgamare comicità e dramma. In Jojo Rabbit questa fusione funziona perfettamente: aiutato nel lavoro da un montaggio impeccabile, Taika Waititi scrive per far ridere senza mai tralasciare crudeltà e sofferenze del periodo storico che racconta. L’intelligenza della sua sceneggiatura, però, è evidente soprattutto nel modo in cui sono impiegati alcuni degli episodi più esilaranti della pellicola: in nessuna occasione la risata è funzionale a rendere Hitler o i nazisti più affabili; ogni momento comico è invece costruito al fine di ridicolizzarli, sottolineandone ignoranza e contraddizioni. Il regista riesce dunque a far ridere su una tematica tutt’altro che divertente senza mai risultare di cattivo gusto, donando al film una profondità sorprendente.
Con Jojo Rabbit Taika Waititi si riconferma uno degli sceneggiatori più promettenti e versatili della sua generazione, aggiungendo quindi alla sua filmografia un prodotto che è ancora una volta capace di far divertire, riflettere e commuovere, facendosi portatore di un messaggio di accettazione imprescindibile, oggi più che mai.
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