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Arancia meccanica: la violenza secondo Stanley Kubrick

Aggiornamento: 2 dic 2021

di Martina Corvaia //


Lasciato lo sguardo in macchina da presa del bambino cosmico nel film 2001: Odissea nello spazio (1968) che guarda noi spettatori nel ciclo continuo della vita, Arancia meccanica (1971) – tre anni dopo – si apre con lo stesso sguardo in macchina, ma di un altro personaggio: Alex DeLarge (interpretato da Malcolm McDowell). Un capolavoro estremo che è stato scritto, prodotto e diretto da Stanley Kubrick e che ci chiama in causa fin dalla primissima scena d’apertura. E non lo fa soltanto guardandoci con uno sguardo magnetico. Ma lo fa parlandoci.


Dunque, come interpretare l’intero film?

È un racconto della vita di DeLarge davanti a uno schermo con i suoi amici. Non i Drughi, con i quali condivide le più scellerate azioni, ma noi spettatori. Siamo fin da subito rapiti dalle sue parole, trasportati dentro una storia brutale di violenza, inorriditi dalla visione di soprusi che immediatamente ci sconvolgono. Siamo i suoi confessori, improvvisati psicoterapeuti nel tentativo di carpire la virtù di una persona nefasta che si atteggia a essere un nostro simile, in un rapporto di confidenza. Una persona negativa, però, che ama Beethoven e l’ultraviolenza nelle sue più macabre sfumature.



Il film è stato censurato nella maggior parte dei paesi del mondo – e non solo in Italia – per via di scene troppo spinte che incitavano alla violenza, nonostante Kubrick in realtà volesse condannarla e non incoraggiarla. Ma è anche un film tecnicamente difficile ed esemplare allo stesso tempo – è uno zoom o una carrellata all’indietro quella che si vede nell’incipit del film? – su cui differenti interpretazioni ancora oggi dividono i critici cinematografici su una questione nevralgica: è possibile considerarlo un vero capolavoro?


Di sicuro si tratta di un film controverso – tratto dall’omonimo romanzo scritto da Anthony Burgess nel 1962 – che fa ancora parecchio discutere nonostante siano passati molti anni. Il film non ha vinto nessun premio internazionale, nonostante le quattro candidature al premio Oscar nel 1972 (miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura non originale, miglior montaggio). È meritevole – forse – del premio per il miglior scandalo, almeno per quegli anni, anche da un punto di vista sonoro: la musica non va di pari passo con le immagini violente che vengono mostrate. Famosa la scena, in tal senso, in cui Alex DeLarge canta Singin’ in the rain mentre uno spietato pestaggio è in atto.


Di grande impatto è anche il montaggio visivo che ci permette di entrare nella mente del protagonista e assistere alle sue visioni sulle note musicali di Beethoven. Fino ad arrivare alla famosa cura Ludovico, che non a caso riprende proprio il nome del grande musicista tedesco. Una terapia – in prigione – che dovrebbe sedare la brutale condotta di Alex DeLarge una volta terminata, ma che alla fine porta la linea narrativa su un altro registro stilistico, con una visione della vita adesso più convenzionale e banale. Così come la società impone.

Noi siamo i suoi occhi, siamo dentro i suoi pensieri. E lo siamo sempre stati fin dall’inizio.


Su questo film si può dire di tutto, e può piacere o meno. Una cosa è certa: Arancia Meccanica è un film perfetto sul piano tecnico e scenografico, per quanto a molti possa sembrare persino cruento in molte scene.


Cinquanta anni dopo, Arancia meccanica torna sul grande schermo dal 29 novembre all’1 dicembre in versione restaurata 4K.


Sarà così respingente come nel 1971 o i nostri tempi sono troppo assuefatti alla violenza per porsi davvero delle domande davanti all’ultraviolenza di Arancia Meccanica?




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