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Mulholland Drive: David Lynch tra onirico e surreale

Aggiornamento: 16 nov 2021

di Martina Corvaia //


2001. Usciva nelle sale Mulholland Drive, un noir psicologico scritto e diretto da David Lynch.


Diversi riconoscimenti – Premio per la Miglior regia alla 54ª edizione del Festival di Cannes in primis – e una candidatura al premio Oscar per la Miglior regia.


Diventato un cult movie sin dalla sua uscita, è stato definito come il più grande film del XXI secolo per il suo simbolismo e per le numerose interpretazioni legate alla trama.

Il film ha lanciato le carriere di Naomi Watts e Laura Harring nel panorama cinematografico internazionale.


Il thriller parla di Rita (Laura Harring), che ha perso la memoria dopo un incidente automobilistico e vaga per la Mulholland Drive di Hollywood, e di Betty Elms (Naomi Watts), che si innamora di lei e cerca di aiutarla a scoprire la sua identità.


In un universo onirico e allucinatorio, Lynch dà vita a una “semplice storia d’amore nella città dei sogni” – a suo dire – nei meandri oscuri della mente umana.


Tanti indizi da decifrare: colori allegorici – David Lynch è anche un pittore – che pervadono con la loro potenza visiva un disegno così enigmatico; metafore numeriche che celano un tono ancora più intrigante; un ritorno al cinema americano degli anni ′50 e riferimenti e citazioni ai suoi film precedenti. Sono tutti elementi che delineano l’intero cinema lynchiano, e non soltanto Mulholland Drive.


In un film astratto e disturbante come questo, trovare una chiave di lettura che possa spiegare il significato ultimo della storia risulta complicato. Potrebbe aiutare Freud con la sua teoria psicoanalitica – probabile, ma non certo – o semplicemente bisogna viverne le emozioni, come suggerisce lo stesso regista.

Ad oggi, David Lynch – un vero gentleman – non ha dato nessuna spiegazione in merito al senso più autentico del film. Il mistero deve rimanere tale, se si vuole mantenere affascinante un film.

Il regista ha lasciato, però, dieci indizi che potrebbero aiutare a comprendere l’intero capolavoro, se mai saranno realmente risolti.


‹‹È lui la causa di tutto››, afferma Dan (Patrick Fischler) all’inizio del film, puntando il dito contro il vagabondo. Una figura ambigua e spaventosa attorno alla quale ruota tutto il film.

Un indizio che tuttora trova le più disparate interpretazioni. Una risposta concreta ancora non c’è.

E probabilmente non ci sarà mai.


Un film indimenticabile e unico nel suo genere, intriso nella sua ipnosi voyeuristica.

Sono passati vent’anni, il cinema sta cambiando e si veste sempre più di una violenza abnorme: le regole del thriller psicologico non sono più le stesse, eppure Mulholland Drive sembra più attuale che mai nel suo alone di mistero intricato.

Un collante per tutto il cinema mondiale, che tanto deve a Lynch e al suo lavoro più grande.


Dopo vent’anni, Mulholland Drive ritorna sul grande schermo in versione restaurata in 4K dal 15 al 17 novembre, distribuito dalla Cineteca di Bologna.

Sarà una grande emozione rivederlo al cinema dopo tanto tempo. In una versione nuova, più nitida. E chissà che non sia spunto per nuove riflessioni…


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