di Francesco Salvatore // Per il mondo dello spettacolo, l’estate 2020 è una sfida a metà strada tra la riscossa e l’adattamento, due termini lontani tra loro ma non inconciliabili. La prima è una necessità imprescindibile, per scrollarsi di dosso le difficoltà che il settore ha attraversato e riattivare la vita culturale e sociale del nostro Paese. Il secondo è il prezzo da pagare per la prima, abituandosi alle mascherine e al distanziamento; ma anche ad un’organizzazione dalle dimensioni ridotte, diversa dal passato, che inizialmente può far storcere il naso ma di cui si scopre presto il fascino, anche solo per la possibilità di tornare a condividere un momento comunitario e di leggerezza.
Le piccole realtà culturali sono state le più colpite, ma al contempo possono cogliere l’occasione della ripartenza per rigenerare il tessuto sociale locale e far conoscere i propri punti di forza: è quanto accade nel borgo di Atri (TE), con gli incontri culturali e sportivi della Atri Cup 2020. L’evento d’apertura, organizzato in collaborazione con il FLA – Festival di Libri e Altrecose (realtà ormai consolidata nell'area abruzzese), ha accostato con successo due elementi forse antitetici: la satira pungente di Saverio Raimondo e l’ambientazione in una ex-chiesa, oggi Auditorium Sant'Agostino.
«Il crocefisso si è alzato e se n’è andato da solo, sui suoi piedi». Il contrasto è forte, senza dubbio, ma in un certo senso potenzia la carica incontenibile della parlantina di Saverio Raimondo. Comico, stand-up comedian, “Satiro Parlante” come il titolo del suo spettacolo su Netflix: lo showman romano è duttile e, giova ripeterlo, adattabile, tanto al cambio di location dell’ultimo minuto (per questioni meteorologiche) quanto al particolare momento storico in cui ci troviamo. Il materiale portato in scena è tutto nuovo e non potrebbe essere altrimenti, dato che gli argomenti principali sono la quarantena e la pandemia. Non i più facili da trattare, per uno spettacolo comico.
La sfida non è semplice, ma Saverio Raimondo ne sa uscire vincitore: tiene il palco per circa un’ora, senza cali di ritmo, scolpendo un’immagine comica a tutto tondo dei due mesi che abbiamo trascorso in quarantena nelle nostre case, sottolineandone gli aspetti più assurdi e le idiosincrasie. Ad esempio, alla domanda «Chi ha panificato?» nell'Auditorium si sarebbero dovute alzare molte più mani di quante ne abbiamo viste. La serietà di ciò che stiamo vivendo non viene negata, ma piuttosto messa sullo sfondo; è lontana dal centro dell’attenzione, ma mai dimenticata.
Tutto questo senza cullarsi nell'illusione che si possa ridere di ciò che è accaduto perché, in fondo, ormai è passato: l’auto-proclamatosi «ansioso» Saverio ricorda più di una volta che siamo lontani dalla conclusione della pandemia e che al varco di settembre ci potrebbero aspettare ulteriori cambiamenti drastici. Triste previsione fatta però con l’autoironia di chi (personaggio sul palco o Saverio stesso?) crede sempre che «il peggio deve ancora venire». La pandemia, il COVID-19, la quarantena: tutto ne esce non rimpicciolito o ridicolizzato, bensì messo in prospettiva e osservato sotto una nuova luce, così da alleggerire un po' il peso della sua gravità.
Insomma, il «rodaggio» del nuovo materiale (come lo stesso autore l’ha definito sulla propria pagina Facebook) si può considerare completato e con ottimi risultati: le mascherine indossate dai presenti attutiscono solo in parte le risate, all'inizio timide e poi sempre più consistenti, affiancate da qualche interazione diretta con il protagonista stesso. Se la quarantena e l’isolamento ci hanno fatto perdere l’abitudine di ridere insieme, con Saverio Raimondo e il resto del mondo dello spettacolo possiamo riprendere a farlo, nonostante tutto.
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