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Il calcio è di chi lo ama: il “caso” di Aurora Leone

di Lisa Sacco //


Il calcio da sempre è lo sport più amato al mondo, per il coinvolgimento dei tifosi delle squadre, per l’attaccamento alla maglia di alcune “bandiere” (come Totti, Del Piero o Zanetti), per le fantastiche storie calcistiche che vengono raccontate (quelle di Alan Shearer o del Leicester, per esempio), fino alla creazione di veri e propri miti in grado di affascinare ed emozionare tutti: Maradona, Pelé, Cristiano Ronaldo, Messi e Beckham, per citarne alcuni.

(Squadra del Leicester, Beckham, Ronaldo, Pelé)


Il calcio è la lingua comune dei popoli, dei bambini e delle bambine, le quali in tempi recenti stanno rompendo gli stereotipi sociali e sportivi. Infatti, negli ultimi anni si è verificato un innegabile “boom” nelle scuole calcio della presenza femminile, dai ranghi più piccoli a quelli più grandi. Una “rivoluzione”, dato che fino a poco tempo fa la “Nazionale Femminile” non era seguita da nessun canale televisivo; lo straordinario Mondiale del 2019 in Francia (con lo storico traguardo dei quarti di finale) è riuscito però ad alimentare il seguito e il fascino per le vicende di questa squadra, rendendo loro giustizia e fama.

Eppure, al giorno d’oggi si sentono ancora vicende assurde come quella di Aurora Leone. Lo scorso 25 maggio, l’attrice dei “The Jackal” è stata invitata all'annuale “Partita del Cuore”, tra “Nazionale Cantanti” e “Campioni della Ricerca”, a sostegno della ricerca Medica, evento che ha visto impegnate molte personalità appartenenti non solo al mondo dello sport e della musica, ma anche dello spettacolo e del web. In una diretta Instagram, insieme al collega Ciro Priello, testimone lui stesso dell’accaduto, ha confessato che il Direttore Generale della “Nazionale Cantanti”, Pecchini, le ha rivolto queste frasi discriminatorie: «Ti devi alzare perché le donne non possono stare al tavolo delle squadre».

Dopo aver ricordato la regolare “convocazione” da parte della selezione dei “Campioni della Ricerca”, Aurora Leone si sarebbe sentita rispondere: «Ma tu il completino te le puoi mettere pure in tribuna, che c’entra. Le donne non giocano. Queste sono le nostre regole e se non le volete rispettare dovete uscire da qua».

Erano altri tempi quelli in cui i bambini impedivano alle ragazzine di giocare a pallone solo perché “il calcio è un gioco da maschi”. Adesso le cose sono cambiate. Le bambine hanno tutto il diritto di amare questo sport, non solo da tifose ma anche da giocatrici (come la sottoscritta ha fatto sin da piccola).


Il calcio è di chi sogna dietro un pallone, di chi canta a squarciagola l’inno nazionale e si appassiona ad una squadra, nel bene e nel male. Il calcio è della gente. È la sovranità popolare. Il calcio è di chi lo ama.


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