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Federico Fellini: oltre la cinepresa

Aggiornamento: 28 mar 2021

di Beatrice Boldorini //


Federico Fellini è uno degli autori cinematografici più apprezzati al mondo. Con il suo stile personale il regista ha lavorato nel corso di cinque decenni, regalando al mondo film iconici come La dolce vita (1960) e Amarcord (1973). Molti conoscono i suoi successi, ma pochi sanno della sua particolare personalità e di alcuni fatti che hanno caratterizzato la sua carriera. Scopriamone alcuni.



L’inizio come giornalista e disegnatore fumettista.

Fin dalla giovinezza, Fellini dimostrò di possedere del talento per il disegno e le caricature, tanto che alcuni suoi lavori vennero pubblicati nel 1937, a soli diciassette anni, sulla rivista edita dall’Opera Balilla. Dal 1938 riuscì a far apparire sulla Domenica del Corriere una dozzina di vignette con battute annesse: questo suo tratto umoristico gli servirà una volta trasferitosi a Roma, quando lavorerà come sceneggiatore. È proprio nella capitale, durante gli ultimi anni della guerra, che Fellini aprì il negozio di caricature “The Funny Face Shop”, dove i soldati americani si facevano ritrarre dal futuro regista. Gli schizzi saranno una costante presenza nella sua carriera: prese l’abitudine di disegnare i sogni che faceva, dando vita ai personaggi dei suoi film e a intere sequenze filmiche. Oggi si possono trovare nella raccolta Il libro dei sogni del 2007.



Quando il senso dell’umorismo gli salvò la vita.

Così come molti altri nel mondo del cinema, Fellini ebbe un’esperienza diretta con la guerra che ancora infestava l’Italia: Roma venne liberata solo il 4 giugno 1944, perché gli Alleati non riuscirono a risalire velocemente lo Stivale a causa della feroce resistenza tedesca. Il 29 ottobre 1943 Fellini venne arrestato da una pattuglia tedesca che tratteneva tutti gli uomini che non indossavano un’uniforme. Mentre stava salendo sul camion che lo avrebbe portato alla fucilazione o al servizio militare obbligatorio, Fellini fece finta di riconoscere un ufficiale della Wehrmacht che stava passando di lì per caso, abbracciandolo e salutandolo con un caloroso «Fritz! Fritz!». I militari tedeschi, convinti della sua amicizia con il collega, si allontanarono con il camion lasciandolo a terra. Fellini si scusò prontamente con l’ufficiale, dicendo di averlo scambiato per qualcun altro, e si rifugiò velocemente in via Margutta, dove visse a lungo (forse per la sua nota superstizione).


L’influenza di Carl Gustav Jung.

Durante le riprese de La dolce vita, Fellini contattò l’analista Ernest Bernhard, il quale lo introdusse alle teorie junghiane sull’inconscio umano. In particolare, trovò una risposta circa le fantasie che aveva sempre avuto da bambino e la sua convinzione che non ci fosse una netta divisione tra fantasia e realtà. Jung sosteneva che i sogni fossero un mezzo per accedere a un mondo immaginativo comune tra tutti gli uomini: l’inconscio collettivo. Ora più che mai, Fellini diventò consapevole di essere un creatore di immagini da esprimere artisticamente su un piano emotivo, non logico né razionale. Cominciò ufficialmente una nuova fase nella carriera e vita del regista, i cui film divennero sempre più ricchi della dimensione del sogno e del meta-cinema. 8 ½ (1963) ne è forse l’esempio migliore.


Lo scontro con la televisione.

Negli ultimi decenni della sua vita, Fellini rimarcò più volte di non amare affatto la televisione come mezzo di espressione artistica. Diceva a riguardo: «La prepotenza, l’aggressione, il massacro della pubblicità televisiva inserita in un film! È come una violazione contro una creatura umana: la percuote, la ferisce, la scippa». Con l’avvento dei canali privati, il problema aumentò, poiché le interruzioni erano molto più frequenti di quelle della tv di Stato. Quando Canale 5 annunciò di voler trasmettere alcuni film di Fellini interrompendoli con spot commerciali, il regista protestò apertamente. Tuttavia poteva fare ben poco, non essendo il proprietario dei diritti dei film; allora si scusò pubblicamente per le numerose interruzioni. Per il suo ultimo lavoro, La voce della luna (1990), Fellini chiese l’inserimento di clausole nel contratto che permisero al film di non passare sui canali privati Fininvest. Così Silvio Berlusconi dovette pagare molto per un film che solo le reti pubbliche avrebbero potuto trasmettere.



Il 20 gennaio 2020 ricorreva il centenario dalla nascita di Fellini. In suo onore, è stata recentemente istituita la Giornata Mondiale del Cinema Italiano, che cade il 20 giugno, per celebrare i grandi maestri e dare visibilità agli autori emergenti del nostro paese.

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