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Mitologia della carbonara

di Caterina di Luzio //


È un pilastro della cucina romana e tra i primi piatti più amati in Italia e nel mondo. Ma se una vera carbonara non esistesse?


Gli ingredienti della carbonara, la più falsificata delle ricette italiane all’estero secondo un rapporto dell’Accademia italiana di cucina, sono pochi ed essenziali: uova, guanciale, pecorino e pepe nero. A molti sarà capitato di assistere sui social a commenti di italiani indignatissimi di fronte a foto di carbonare con panna, o di bizzarre versioni liofilizzate. Eppure, se leggessimo la ricetta della carbonara presente nella Cucina italiana (1954), troveremmo tra gli ingredienti, sorprendentemente, la groviera. Se quindi il re dei primi piatti romani, così come lo conosciamo oggi, fosse un’invenzione relativamente recente?

Da questa domanda parte Alessandro Trocino nel suo La Carbonara non esiste (Giunti, 2019), indagando le origini della ricetta: la carbonara potrebbe affondare le proprie radici in antichi ricettari napoletani, oppure essere l’evoluzione della cacio e ova, il “pranzo al sacco” dei pastori abruzzesi. Secondo l’ipotesi più suggestiva e nota, il cuoco Renato Gualandi l’avrebbe cucinata per la prima volta nel 1944, in occasione di un pranzo ufficiale dell’armata britannica a Riccione; gli ingredienti a disposizione erano pochi, e al cuoco bolognese venne in mente di intrecciare gli ingredienti della razione K (uova liofilizzate e bacon) con la pasta. Quando Gualandi diventò cuoco ufficiale delle truppe alleate, la carbonara giunse nella Capitale, dove il guanciale e il pecorino presero il posto del bacon e del parmigiano.

Quasi contemporaneamente la ricetta si diffuse a Lucca, la patria di due italiani che la esporteranno a Chicago, ed è una guida culinaria americana (1952), infatti, che contiene per la prima volta la Pasta Carbonara, in una versione piuttosto fedele a quella “ortodossa”.

Dal dopoguerra a oggi, si sono susseguite versioni più o meno differenti, fino alla creazione del canone codificato nei ricettari moderni, risalente a non più di trent’anni fa, scrive l’autore de La Carbonara non esiste. La curiosa storia di questo piatto, di cui si consiglia l’approfondimento col saggio di Trocino, insegna che dalle limitazioni (culinarie e non) possono nascere meraviglie piuttosto caloriche, e che il concetto di tradizione è decisamente volatile. Alla luce di tutto questo, forse, guarderemo con più affetto certe versioni “blasfeme”, non dopo aver gustato la carbonara migliore, quella che cuciniamo in casa, col cuore e con la fame.

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