di Francesca Rimoldi //
In un mondo in continua evoluzione, è fondamentale non temere il fluire incessante delle innovazioni; nulla è più attuale delle parole di Eraclito risalenti a circa 2500 anni fa: «È nel mutamento che le cose si riposano». Dal suo pensiero del divenire come senso stesso del cosmo, nasce la filosofia del Panta Rhei (“tutto scorre”). Ed è proprio questo concetto che il chimico francese Lavoisier reinterpreta in chiave scientifica, formulando la legge della conservazione della massa – fondamento della meccanica classica – per cui «Niente si crea, niente si distrugge, tutto si trasforma». Dunque, stando a queste affermazioni, a cosa fa riferimento la parola “creare”?
Solitamente questo verbo viene accostato alle divinità, riferendosi al puro concetto del “far nascere dal nulla” e andando in pieno contrasto con la fisica e la scienza; viene spesso esteso anche all’uomo, con il significato di “produrre, costruire o assemblare”, iniziando sempre da qualcosa. Parte integrante di quest’ultima accezione è proprio la creatività: dal latino creare e dal suffisso “–ività”, indica l’attitudine a creare con l’intelletto idee, unendo fantasia e concretezza.
L’argomento della creatività ha pareri complessi e alle volte contrastanti. Per il sociologo Domenico De Masi, è un fenomeno sociale dato da un’interazione continua in cui tutto è frutto di idee collettive: si acquisiscono materiali dagli altri e li si rielaborano nella propria mente fino a raggiungere una visione nuova; le idee personali sono “a cura del singolo”, non “di proprietà del singolo”. Secondo gli studi dello psichiatra italiano Silvano Arieti, la creatività è invece un momento di sintesi tra conscio e inconscio, tra i materiali primitivi della nostra esistenza e l’operazione consapevole. Per Platone le condizioni ideali per favorire questo processo, illustrate nel suo Simposio, includono: la comodità, la passione per il bello e il vero, un gruppo di amici e del tempo disponibile privo di scadenze.
Tuttavia, spesso l’aggettivo “creativo” viene attribuito come fosse d’obbligo, spinti da un bisogno latente di possedere questa qualità come necessità quasi propagandistica, fino a banalizzare il suo profondo significato. Per questo Ettore Sottsass (famoso architetto, designer e fotografo), andando controcorrente rispetto a molti altri suoi colleghi, in un discorso dice: «Odio la parola creatività, è una parola orrenda inventata dal marketing».
La creatività, infatti, di certo non può essere sminuita: cogliere gli stimoli ed elaborarli nella propria mente non è una pratica semplice e va esercitata a favore dell’innovazione e del continuo divenire. Si capirà mai la sua complessità e importanza?
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