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L'importanza di sentirsi tristi

di Serena Di Sabatino //



Quali sono i momenti per i quali vale la pena vivere? Inside out ci insegna, come prima cosa, che la base per una vita felice sono dei ricordi felici.

Naturale, quasi ovvio, essere felici quando tutto va nel verso giusto. Perciò è importante -anzi, fondamentale- mostrarsi propositivi nei confronti di ciò a cui andiamo incontro, poiché la felicità crea dipendenza: è impossibile provarla senza il desiderio di non lasciarla mai. E quando si desidera così ardentemente qualcosa, difficilmente si tende a lasciarsela sfuggire.

È per questo che l’intero film gira intorno a Gioia: è lei la protagonista tra i vari sentimenti ed è lei che gli altri cercano nei momenti di difficoltà.

«Gioia saprebbe cosa fare.»

Perché solo e unicamente Gioia avrebbe potuto sistemare tutto.

Questo è il messaggio che, a primo impatto, arriva.

Perché quando le cose non vanno come vorresti, la strada più immediata per il risollevamento della situazione sarebbe guardare quest’ultima provando, appunto, gioia.


Eppure, non è quasi mai così facile.

Nei momenti di felicità è semplice affrontare la vita con un sorriso, un sospiro di sollievo e, a volte, persino un occhiolino beffardo; in quelli difficili, invece, non basta imporsi di essere positivi.

Servono forza, coraggio, intelligenza, pazienza e saggezza.

Serve riuscire a sopportare il dolore: capirne la fonte, farlo “proprio” fino a renderlo parte di sé e, solo allora, potrà essere trasformato in qualcosa di positivo.

Impossibile non attraversare tutte le fasi del dolore ed impossibile anche evitare quest’ultimo.

Sarebbe troppo facile -no?- se nel momento in cui gli occhi ci si riempiono di lacrime, bastasse sorridere; ma allo stesso tempo, quanto brilla di più un sorriso che nasce spontaneo dopo aver assorbito e combattuto la tristezza?

Riley, la bambina di cui osserviamo gioie e turbamenti, protagonista del film, prova a mostrarsi positiva dopo il trasloco, ma forzare le emozioni non è semplice né duraturo: non sono razionali e perciò non sono sotto il nostro controllo. Per questo motivo, il percorso della bambina è incentrato sulla negatività causata dal trasferimento a San Francisco e su come, poi, ne esca: la felicità che prova dopo l’abbraccio finale con i genitori e al termine del film ha tutto un altro sapore.

Spesso la strada che ci porta al traguardo più completi non è la più immediata, ma la più tortuosa. E altrettanto spesso, è anche l’unica percorribile.

Tuttavia, per la gran parte delle volte ne vale la pena.


Per questo, come seconda cosa -ma non per importanza- Inside out ci mostra che i momenti felici sono molto più gratificanti dopo quelli di tristezza. Lasciarci andare allo sconforto non solo abbassa le nostre difese e dà modo alle persone che ci stanno a cuore di avvicinarsi a noi oltrepassando le barriere che tiriamo su giornalmente, ma dà vita ad un’infinita gamma di possibilità di attimi di gioia.

Se Riley avesse segnato il punto decisivo e la sua squadra avesse vinto la partita, sarebbero stati tutti contenti; ma lei avrebbe percepito con lo stesso impatto l’amore dei propri genitori e dei suoi compagni, che l’hanno confortata e fatta ridere nonostante le lacrime?

Senza i momenti bui non saremmo mai capaci di riconoscere chi è in grado di mostrarci la luce.

Per questo Gioia non può tornare al quartier generale senza Tristezza ed è per lo stesso motivo che solo Tristezza è in grado di far cambiare idea a Riley quando scappa di casa e di far ripartire la console nel momento in cui la bambina non sembra più capace di provare emozioni.

A volte, sono i sentimenti negativi quelli che hanno più impatto su di noi: Riley non si sveglia dal sonno grazie a un sogno felice, ma grazie a un incubo; e non scende da quell’autobus a causa di un’improvvisa gioia, ma per la tristezza che le avrebbe causato scappare lontana dai genitori e ritrovarsi sola.


È per questo che non dobbiamo avere paura di affliggerci e lasciarci andare al dolore, a patto che sia sempre un confronto attivo con noi stessi.

Far finta che questo non esista per timore di risultare deboli o ancora più affranti non fa che trascinarci in un tunnel senza fine: il dolore represso non lascia abbastanza spazio alla felicità. È solo passandoci attraverso che possiamo lasciarcelo alle spalle.

Guardare in faccia le nostre paure, dar loro un nome e soffrire per esse è l’unico punto di partenza per ogni nuovo sorriso, capace di far brillare il nostro volto.


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