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Gene Kelly: una visione per trasformare il musical

Aggiornamento: 23 gen 2021

di Sara Di Nardo //


Tra gli anni ’30 e gli anni ’60 il cinema classico regna a Hollywood. Capita spesso di pensare con nostalgia a questa fase del cinema americano, complici il bianco e nero d’altri tempi, il divismo di attori e attrici e il fascino eterno di un’epoca mai vissuta. Seppur non esente da contraddizioni e controversie (è infatti fondamentale guardare a quel periodo con senso critico), il cinema classico è innegabilmente colmo di magia. Con l’invenzione del sonoro, il musical diventa un genere di punta dei grandi studios cinematografici e proprio in quegli anni vive il suo periodo d’oro. Con il suo straordinario talento e la sua creatività visionaria, Gene Kelly ne è stato un protagonista assoluto.


Coreografo e ballerino, cantante, attore e regista: anche 25 anni dopo la sua morte, Gene Kelly resta una delle personalità più significative e amate del cinema americano. Insegnante di danza ancor prima di cavalcare i palcoscenici più importanti, il suo debutto a Broadway risale al 1939. Fin da subito l’attore spicca per il suo instancabile impegno e perfezionismo e, solamente un anno dopo, ottiene il ruolo da protagonista nel musical Pal Joey. È grazie a questa parte che Hollywood comincia a notarlo: le offerte non tardano ad arrivare e di lì a qualche anno Kelly diventa una star di punta della MGM, uno dei più potenti studios cinematografici.



Tra i film più famosi troviamo Due Marinai e una ragazza (1945), Un Giorno a New York (1949) e Un Americano a Parigi (1951). L’innovazione apportata al genere del musical è notevole. Il primo citato, ad esempio, contiene il famoso numero musicale da lui danzato con l’animazione del topo Jerry Mouse. Il secondo si apre con una sequenza filmata in esterni sotto volontà e pressione dello stesso Kelly (al contrario, procedura comune dell’epoca era girare negli studios). Il terzo film presenta una straordinaria sequenza coreografica di danza classica lunga 17 minuti.



Il suo capolavoro, però, arriva nel 1952. Co-diretto con il grande Stanley Donen, Cantando sotto la pioggia diventa il manifesto di un intero genere cinematografico ed è ancora oggi ampiamente considerato il più grande musical di tutti i tempi. Singin' in the rain, Good-morning, All I do is dream of you: insieme ad un cast eccezionale – in cui spiccano Donald O’Connor e Debbie Reynolds – Kelly interpreta canzoni riconoscibili anche da chi non ha visto il film. Inoltre, vengono da lui coreografati numeri indimenticabili che, come già sperimentato in Cover Girl (1944), non servono più da strumento di puro spettacolo ma diventano parte integrante della storia. Con Cantando sotto la pioggia il musical raggiunge una complessità scenica e coreografica senza precedenti: Gene Kelly ha segnato la storia del cinema.


Nel 1985 gli viene consegnato il Life Achievement Award, un premio conferito annualmente ad attori, attrici o registi per il loro significativo contributo nel mondo del cinema e/o televisivo. Nel suo discorso di accettazione, Kelly diceva:


«Si danza l’amore, si danza la gioia e si danzano i sogni. Se son riuscito a farvi sorridere saltando su un paio di divani o danzando sotto una tempesta, allora sarò eternamente felice di essere stato un cantante e ballerino».


È esattamente questo che Gene Kelly non ha mai smesso di fare: a distanza di generazioni continuiamo ad emozionarci e sorridere grazie a canzoni senza tempo, coreografie meravigliose e film indimenticabili, che sono il frutto dell’eredità cinematografica di un artista completo e immortale.





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