di Francesco Salvatore //
È autunno, ma sulle coste dell’Africa le temperature sono ancora piacevoli: siamo ad Alessandria d’Egitto. La notte ha avvolto tutta la città, che si specchia contemporaneamente nel Mediterraneo e nel lago Mareotide. Ciò che sta accadendo nei pressi della reggia ce lo racconta Plutarco:
«Cleopatra prese con sé un solo amico, di nome Apollodoro Siceliota; si imbarcò su un piccolo battello e quando già era buio si avvicinò al palazzo reale; siccome non era possibile sfuggire in altro modo alla vista altrui, si dispose lunga e distesa in un sacco di coperte che Apollodoro legò con una cinghia e, passando attraverso le porte, trasportò a Cesare. Dicono che quest’ultimo fu colpito da tale primo stratagemma di Cleopatra, che gli apparve disinvolta; [fu] affascinato dalla sua conversazione e dalla sua grazia» (Plutarco, Vita di Cesare, XLIX, 1).
L’immagine di Cleopatra che appare al grande condottiero romano scivolando fuori da un tappeto srotolato è tanto famosa quanto dubbia nella sua autenticità. Il problema è sempre lo stesso: ogni volta che un grande storico romano si trova a parlare dell’ultima regina d’Egitto, la trasfigura attraverso la lente misogina e patriottica tipica di Roma antica. Cleopatra è ridotta a seducente forza della natura, femme fatale dalla bellezza leggendaria e nient’altro: impossibile per i Romani vedere in lei un’abile giocatrice dello scacchiere politico, capace di donare al suo regno un ultimo periodo di splendore e indipendenza sfruttando tutte le armi – diplomatiche e militari – a sua disposizione.
Facciamo un passo indietro. Cleopatra VII Tea Filopatore – questo il nome tradizionale egizio, che la qualifica “divina e devota al padre” – nasce in un Egitto già lontano dai fasti dei secoli precedenti: la terra del Nilo vive un’intensa crisi sociale ed economica, conseguenza dell’inefficiente gestione del regno da parte di suo padre (Tolemeo XII), che si era compromesso sempre di più pur di entrare nelle grazie di Roma. Nata figlia illegittima (di madre sconosciuta ma nobile) e poi riconosciuta come erede, Cleopatra ben presto si scontra con il pregiudizio di un popolo che non sopporta di avere una regina senza un re. Come ignorare la storia della sua famiglia, costellata di situazioni simili? Era accaduto a sua madre (Cleopatra V) e ancora prima a sua cugina (Cleopatra III Berenice), che aveva dovuto sposare un altro membro della famiglia e da costui era stata uccisa dopo appena venti giorni di regno congiunto.
Dalla sua incoronazione all’età di diciotto anni, la vita di Cleopatra è una costante lotta per difendere il potere affidatole dal padre, per il quale è naturalmente portata. Il primo scontro è con il fratello Tolemeo XIII (la dinastia d’Egitto non era molto fantasiosa con i nomi), che la costringe a fuggire in Siria per raccogliere nuovi sostenitori (e truppe). Gaio Giulio Cesare capita a fagiolo: Cleopatra non lo porta dalla sua parte semplicemente tramite la forza seduttiva del suo aspetto, ma soprattutto perché esperta conoscitrice del regno, della propria cultura (caratteristica tutt’altro che scontata) e dello scacchiere del Mediterraneo orientale. La regina sarebbe un alleato politico di gran lunga migliore dell’immaturo Tolemeo XIII – plasmato dai suoi tutori, assassino del generale romano Pompeo (che si era rifugiato presso di lui l’anno precedente) e riluttante alla diplomazia. La guerra civile alessandrina dà ragione a Cesare e Cleopatra.
La regina d’Egitto si mette in gioco e dà prova di grande acume politico: chiama suo figlio “Cesarione”, sottolineando una relazione (reale o presunta) con Cesare che le garantisce un collegamento diretto con la potente Roma; si affianca un altro fratellino al potere, così da tenere a bada l’insofferenza del suo popolo; recupera la ricca isola di Cipro proprio tramite Cesare. L’indipendenza dell’Egitto – che da cinquant’anni rischiava di essere annesso a Roma – non è più in pericolo.
La tranquillità dura poco: Cleopatra è a Roma con il figlioletto quando Cesare viene ucciso nella congiura del 44 a.C.; tornata ad Alessandria, davanti a lei si apre una situazione incerta, aggravata dalla concorrenza della sorella minore Arsinoe, ribelle, che vuole strapparle il trono. Ancora una volta Cleopatra prende la scelta politicamente più efficace: si avvicina a Marc’Antonio, generale romano responsabile della metà orientale della Repubblica Romana. Arsinoe è messa fuori gioco e si apre un secondo decennio di grande prosperità per l’Egitto: il supporto dato a Marc’Antonio nelle campagne militari permette di ampliare i confini del regno come mai prima, recuperando regioni che i Tolemei avevano perso da secoli.
Intelligente e piena di risorse, Cleopatra sarà sconfitta solo quando si troverà tutti contro: calunniata a Roma come “regina orientale viziosa e maledetta”, abbandonata dagli alleati dell’Egitto, subirà l’epocale sconfitta navale di Azio (31 a.C.) insieme a Marc’Antonio e si infliggerà il suicidio pur di tutelare la propria indipendenza e non cadere nelle mani di Ottaviano (il futuro imperatore Augusto), che l’avrebbe portata in catene per le strade di Roma.
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