di Vittoria Sichetti //
«Quanto al volto, per natura orribile e ripugnante, si sforzava di renderlo ancora più brutto studiando davanti allo specchio tutti gli atteggiamenti della fisionomia capaci di ispirare terrore e paura».
Così Svetonio, lo storico e biografo latino di fama non indifferente ai suoi e ai nostri tempi, nelle sue Vitae Caesarum fornisce una descrizione psicosomatica di Caligola.
Un lettore, dinnanzi a una descrizione del genere, è indotto quasi obbligatoriamente a farsi un’idea macabra e terrificante del personaggio.
Svetonio è solo l’esponente di punta di una serie di intellettuali di rilievo che esprimono il loro giudizio, palesemente demolitore, nei confronti dell’imperatore romano noto con il soprannome di Caligola (“piccola caliga”: calzatura militare).
Di sangue misto tra due genti che avevano un background importante (la gens Iulia e la gens Claudia) e figlio di Germanico, uomo amato dal popolo e dall’esercito romano, nel momento in cui la dea bendata lo delegò come successore dell’imperatore Tiberio ebbe addosso le aspettative di una società intera.
Aspettative politiche, espansionistiche e sociali, tutte con lo scopo di mandare avanti quella linea di continuità legata al lustro dell’Impero: Caligola, però, fin da subito venne visto come l’anello debole.
Da molti storici viene ricordata la spedizione che questo giovane “sciagurato” fece in Germania con cui manifestò l’intenzione di compiere la traversata britannica per ripetere le gesta di Giulio Cesare; arrivato alle rive del mare del Nord, con un gesto giudicato folle dalla critica letteraria, ordinò ai suoi legionari di raccogliere conchiglie dichiarando che quello sarebbe stato il loro bottino.
In pochi anni di governo e con stravaganti mosse politico-amministrative, il giovane Caligola fece intorno a sé terra bruciata: il rapporto altalenante con il Senato portò a una serie di “congiure no-stop” nei confronti del giovanissimo imperatore, che raggiunsero il culmine con il suo assassinio nel 41 d.C., a soli 29 anni.
Le testimonianze che raccontano il regno di Caligola, il suo temperamento, le sue trovate al limite tra pazzia e genialità e il suo modo discutibile di relazionarsi con le persone che lo circondavano quotidianamente non lasciano spazio a fantasie di alcun tipo: parlano di un imperatore pazzo, la vergogna di un Impero che si ispirava a personaggi di spessore come Augusto, il bestemmiatore di una dignità morale che nella storia non aveva avuto eguali.
Questa fu e questa è attualmente la triste etichetta che la storia ha affisso su Caligola.
Siamo così lontani da questo atteggiamento che in continuazione pone giudizi?
Siamo troppo vicini: abbiamo in dotazione uno specchio che riflette gli errori del passato. Sì, è vero, siamo il risultato delle nostre azioni, ma le nostre azioni da chi vengono giudicate?
La storia e la sottile intelaiatura, a tratti incoerente, delle fonti su Caligola insegnano che andando a leggere oltre le righe, denunciatrici di un comportamento, potrebbe esserci un messaggio dietro alla folle scelta di eleggere a senatore un cavallo o di raccogliere conchiglie come bottino di guerra: un messaggio di protesta, di grido a bassa voce contro un ambiente che non lascerebbe spazio ad un uomo e alle sue idee per venire fuori.
Oggi anche le nostre bocche, bramose di parole forti, sono portate a chiudersi per via di un ambiente ostile: che sia il Senato della Roma imperiale, che sia la società, che sia una figura di riferimento troppo presa dal suo mondo recintato e chiuso di convinzioni.
Dietro ad azioni ritenute folli si possono trovare anche idee che non saranno mai censurabili, nonostante coloro che vorrebbero tappare le bocche.
Queste idee non moriranno, insieme alla speranza di poter essere abbracciate e riviste in una nuova chiave, con gli occhi di una società che possa aprirsi anche al pensiero “diverso”.
La diversità non può più far paura al punto da metterci a tacere!
Perché Caligola, con quel gesto tanto “insulso” del cavallo divenuto senatore, avrebbe voluto urlare: «Se siete voi senatori, perché non può esserlo anche il mio cavallo?»
Geniale, si potrebbe pensare ora.
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