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Abbundandis in abbundandum: l’albero dell’abbondanza offre a noi i frutti della fertilità

Aggiornamento: 16 mag 2021

di Carla Di Renzo //


Mentre l’occhio s’incanta nel disegno di campi arsi al sole, scivola poi dentro l’animo una lezione più severa: una bellezza di rigore, di cui la storia si fa testimone, fiero focolaio della civiltà italiana. Così lo scrittore e giornalista Guido Piovene avrebbe descritto il deserto verdeggiante della Maremma Toscana. Ed è proprio qui che sorge, avvolta da poderose mura, la piccola cittadina di Massa Marittima.


Adagiato su di un colle solitario, il centro storico mostra a noi una dimensione magica attraverso anguste stradine, dove l’armonia delle linee accoglie il visitatore, lasciandogli contemplare con stupore un luogo senza tempo.

Contesa a lungo fu la civitade e scissa da lotte intestine che laceravano il territorio. Ora edifici narrano a noi la storia di una roccaforte che rivendicò dignità e libertà sotto il segno di un nuovo sentimento patriottico, quello che colse l’italico nei primissimi anni del Duecento.


L’agorà, come un frontespizio di un sontuoso manoscritto, apre al racconto della vita municipale e mondana del cittadino durante l’epoca comunale: oltre al simbolo della devozione cristiana, la Cattedrale di San Cerbone, troviamo il Palazzo del Podestà e il Palazzo del Comune emblemi dell’amministrazione, e poco più in là la Zecca e la Fonte Pubblica.


Quest’ultima, anche ricordata come Fonte dell’Abbondanza, ha svelato alcuni segreti durante un restauro del 1999, riportando alla luce un affresco celato da ingenti strati d’intonaco. Un albero domina il palcoscenico pittorico, da cui succulenti frutti pendono virili. A popolare la scena, Donne che affollano il terreno fertile e uccelli che volano indisturbati tra le foglie di questo singolare tronco d’albero, che offre al mondo organi fallici in erezione.


Numerose sono le ipotesi che si sono affacciate nel “balbuziente” campo della storia dell’arte medievale: chi mai aveva commissionato tale opera? Perché la troviamo nel luogo dell’approvvigionamento idrico della città? Come interpretare e leggere la destinazione di questo capolavoro seducente? Uno studio condotto da Maurizio Bernardelli e pubblicato su Stile Arte sembra sciogliere i dubbi su questo dipinto parietale dal carattere insolito: potrebbe celare un significato celebrativo di natura politico-amministrativa, che elegge il buon governo “ghibbellino”(come recitano le fonti) come nuovo status quo vigente durante il dominio del podestà Ildibrandino Malcondine di Pisa, sotto l’egida imperiale.


Tre scene corrono lungo la parete e fanno da contraltare alla vasca-lavatoio: nella prima scena, sulla sinistra, troviamo una donna (metafora della città di Massa Marittima) sormontata da un’aquila reale, letta come l’ambizione imperiale del governo; accanto a lei, due fanciulle s’infiammano litigiose e cercano di strapparsi i capelli, mentre con l’altra mano si contendono un pene, che funge da manico del secchio. Chiude la sequenza una quarta donna, intenta a scuotere il prosperoso albero che cela, tra le foglie, il gagliardo membro sessuale.


Sopra i capi delle donne si librano in cielo aquile sconvolte dal dissidio: una tensione palpitante avvolge dunque i personaggi e sembra essere allegoria di ciò che agitava verbosamente l’animo di quella città, vittima di avidità, superbia, sete di fama e di sanguinose avventure belliche. La Fonte riuscì a convogliare gli esili rami d’acqua scorrendo lungo le via di un unico canale e così giunsero pace e prosperità, qualità che lavarono la popolazione da vizi e viltà.


La seconda scena vede come protagonista l’albero, i cui rami si piegano al peso fallico dei suoi frutti: la pianta diviene qui l’emblema della capillare e ingegnosa opera di convogliamento idrico sotto la guida del podestà; difatti la base del tronco, corrosa dalle ingiurie del tempo, doveva mostrare la raffigurazione del tetto della nuova fonte. Ed eccoci dunque alla fine del racconto: nella terza scena, le donne che bisticciavano il conteso “premio” sembrano ora partecipare ad un sereno colloquio.


Un’opera pubblica che si carica di un profondo significato politico: abbondanza, pace e fecondità sono raggiunte attraverso la realizzazione di un acuto programma amministrativo, che vede le tre zone della città (impersonate dalle tre donne) quietarsi e unirsi, grazie ad un costante approvvigionamento d’acqua.



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