di Sara Di Nardo //
Nel 1993 Belle Époque vince l’Oscar come miglior film straniero e il regista Fernando Trueba, una volta salito sul palco e ritirata la statuetta, ringrazia con queste parole la persona che per molto tempo aveva influenzato il suo lavoro:
«I would like to believe in God in order to thank him, but I just believe in Billy Wilder, so thank you, Mr. Wilder».
«Mi piacerebbe credere in Dio, così potrei ringraziare lui, ma in realtà credo in Billy Wilder, quindi la ringrazio, Mr. Wilder»
La mattina seguente Trueba riceve una chiamata da Wilder in persona, che esordisce al telefono presentandosi come Dio. Da questo aneddoto si possono ricavare due informazioni fondamentali per imparare a conoscere il regista: l’enorme impatto che la sua visione ebbe sull'industria cinematografica – americana e non – e il suo brillante senso dell’umorismo.
Ad inizio carriera fu proprio il cinema a salvargli in qualche modo la vita. Figlio di genitori austriaci ed ebrei, Billy Wilder fu costretto ad emigrare in Francia prima e negli Stati Uniti poi, a causa dell’insorgere del regime nazista. Nel 1934 il futuro regista hollywoodiano era stanziato nel consolato di Mexicali, aspettando che la sua domanda per il visto americano venisse approvata. Una volta arrivato al cospetto del funzionario consolare in servizio, a Wilder venne chiesto quale fosse la sua professione. «I write movies», rispose lui. Il funzionario – solo recentemente identificato come Willis A. Meyers – si alzò dalla scrivania, prendendosi del tempo e squadrandolo da lontano. Passati alcuni minuti tornò a sedersi, aprì il passaporto di Wilder e lo timbrò, permettendogli di entrare negli Stati Uniti con una sola raccomandazione: «make some good ones».
Il 27 marzo di diciotto anni fa Billy Wilder scompare, lasciando un vuoto incolmabile nel mondo del cinema. Viale del Tramonto, A qualcuno piace caldo, La strana coppia, L’appartamento, Testimone d’Accusa, Sabrina, Stalag 17 e La fiamma del peccato sono solo alcuni dei film che hanno contribuito a renderlo uno dei registi e sceneggiatori più influenti, famosi e amati della Hollywood nella sua età d’oro.
Quella di Wilder è tuttavia un’epoca cinematografica autocelebrativa e controversa, ancora soggetta al codice Hays, un sistema di censura volto a preservare la coscienza morale degli spettatori, restringendo o vietando riferimenti a omosessualità, consumo di alcool e droghe, infedeltà, nudità e violenza. Al contrario, Wilder presenta Jack Lemmon e Tony Curtis in drag sul grande schermo; mostra – in uno dei primi grandi film noir della storia del cinema – la vicenda di una moglie che pianifica con l’amante l’omicidio del marito; racconta le disavventure di un alcolizzato nel momento peggiore della sua dipendenza; sceglie una grande diva del cinema muto per mostrare una Hollywood spietata e ossessionata dalla bellezza giovanile.
Billy Wilder fa della sua comicità un’arma di riflessione, adoperando un umorismo pungente ed unico nel suo genere, che sa divertire facendo allo stesso tempo ragionare sulle tematiche che propone. Sfidando il potere decisionale delle case di produzione, che limitavano la libertà di espressione di registi e sceneggiatori, Billy Wilder racconta l’essere umano nelle sue tante sfaccettature e contraddizioni, spaziando da un genere all'altro con spaventosa facilità. Il regista parla apertamente di divorzio, adulterio, invecchiamento e paura di invecchiare, arrivismo sociale, dipendenze, sesso e sessualità. Tematiche attualissime, che dominano i film odierni e fanno ancora discutere, provando che quello di Billy Wilder è un cinema incredibilmente moderno, che continua a far ridere e riflettere perché – di fatto – senza tempo.
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