di Beatrice Boldorini //
Tra gli innumerevoli anniversari cinematografici che ricorrono nel 2020, questo film merita particolare attenzione perché - nella sua unicità - sa parlare ancora oggi a tante persone. Billy Elliot, film inglese diretto da Stephen Daldry (The Reader, The Crown), debuttò nelle sale il 29 settembre 2000 e in Italia il 23 febbraio 2001. Da allora ha sempre avuto apprezzamenti dal pubblico e dalla critica, tanto da divenire un musical del West End nel 2005, con l’arrangiamento di Elton John.
La storia è quella dell’undicenne Billy Elliot (Jamie Bell), figlio di una famiglia della classe operaia della Contea di Durham, nel nord-est dell’Inghilterra. Il padre di Billy, Jackie, e il fratello maggiore Tony sono in prima linea nelle violente proteste che caratterizzarono lo sciopero dei minatori inglesi del 1984. La piccola famiglia ha da poco perso la madre e vive - con la nonna malata di Alzheimer - in una casa che fatica a contenerli tutti. Costretto dal padre a praticare la boxe, come tutti gli uomini della famiglia hanno fatto prima di lui, Billy scopre invece di avere un interesse per il balletto, insegnato nella piccola cittadina dalla borghese Mrs. Wilkinson (Julie Walters) ad una classe di sole bambine. Il talento per la danza si risveglia in Billy e trova sostegno nella donna, la quale ben presto gli propone di fare un'audizione per la Royal Ballet School di Londra.
Il sogno diventa sinonimo di libertà. Billy cresce in una comunità povera, che non si può permettere di sognare e che può dargli solo un'opzione come futuro: lavorare esattamente come suo padre e suo fratello per pochi soldi al giorno. <<Ha solo undici anni, è solo un bambino>> ripete spesso Tony, eppure ha un dono troppo grande da contenere e troppo diverso da poter nascondere.
Infatti, Billy deve combattere i pregiudizi legati al mondo del balletto. Secondo il padre, è vergognoso che suo figlio si alleni alla sbarra, imparando a sostenere un plié: <<Non è una cosa per i ragazzi>>. Abituato a non parlare dei suoi sentimenti a causa dei divieti e delle regole convenzionali su come dev'essere un uomo, Billy trova nella danza l’unico modo per liberarsi da rabbia e frustrazione. Queste sono le scene più famose, in cui la performance di Jamie Bell e la regia segnano lo spettatore da più di due decenni. È impossibile dimenticare l'immagine di questo ragazzino mentre corre fuori di casa e danza a ritmo di musica punk rock, un contrasto così ben riuscito da sembrare naturale. Pare che i suoi piedi abbiano il costante bisogno di una superficie su cui muoversi e sfogarsi a suon di tip tap. Billy suscita in noi quell’elettricità che lui stesso associa alla danza, viaggiando fino a scontrarsi inevitabilmente con le barriere della piccola città, sempre speranzoso di poterle superare.
Dopo 20 anni, rivedere Billy Elliot è sempre come la prima volta. Impossibile non emozionarsi specialmente nella scena finale, sulle note de Il Lago dei Cigni. Ciò che però rende il film speciale è che non si tratta semplicemente della storia di un nascente ballerino, ma anche di una famiglia comune che si fa portavoce di una denuncia sociale. Viene messo sotto i riflettori un mondo cinico, che limita le possibilità delle persone e soffoca i loro sogni, ma allo stesso tempo ci mostra la bellezza del ritrovato coraggio di un padre che vuole dare a suo figlio un futuro migliore del proprio. Billy Elliot è un film indimenticabile perché sempre attuale. Il mondo cambia, ma essere sé stessi è sempre tanto difficile quanto importante e, per farlo, spesso si deve avere la forza di uscire dalla sicurezza dei propri confini.
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