di Viviana Ventura //
È stato molto tempo fa, quando andavo per la campagna e non avevo altro interesse che costruire, con lenzuoli appesi ai rami degli alberi, grandi capanne per far finta di averci una casa, di essere come i grandi. Ricordo quando mio fratello ed io giocavamo sul fienile di nascosto, inventavamo storie di genitori e figli, pedalavamo biciclette e credevamo di avere a portata di mano il mondo, di avercelo in una tasca, di averlo compreso. È buffo ripensare a quei giorni. Eravamo piccoli e ci bastava poco per sorridere, per avere dei sogni. Ora che il mondo l’ho quasi capito, che ho cambiato pelle e paese, mi chiedo cosa sia per me la felicità. Non è una casa né una strada brecciata né un bosco di chiome verdi. Ora che sono grande non lo so più cosa mi faccia sentire viva.
– Dopotutto siamo stati felici, non è vero? – glielo chiesi un giorno in cui mancava la corrente e sedevamo sul divano in salotto con la pelle tesa al temporale.
Livio teneva in mano una torcia e si divertiva a farla traversare sul muro, ma a un tratto la luce capitò su una vecchia fotografia che ci raffigurava al mare, in una delle tante vacanze che avevamo trascorso con i nostri genitori in Calabria. Avevo al massimo dieci anni, un costume azzurrissimo e i capelli corti, e ridevo mostrando i denti larghi. Avendo quattro anni meno di me, Livio lo tenevo in braccio. Aveva due guance paffute che lo facevano buono ma anche un po’ furbo; nella foto mi dava un pizzico dietro il collo e rideva a bocca aperta anche lui per vantarsi dello scherzo.
Livio si alzò, prese la cornice per girarsela tra le mani e dopo un po’ tornò a sedersi.
– Certo che siamo stati felici, Sandrina, certo che lo siamo stati, che sciocchezze sono mai queste? –
E si capiva che tratteneva le lacrime dalla sua voce che somigliava al vento di quella sera. Lo sapeva anche lui che quei tempi se ne erano andati e che non sarebbero più tornati.
Di quella sera non ne parlammo più. Livio cercava di dimenticare. Al contrario di me, che i ricordi me li sono sempre tenuti stretti, quasi fino a soffocare.
Andammo avanti negli anni ognuno con la propria ostinazione. Lui per ricucirsi le ferite, io per riaprirle tutte, una dopo l’altra.
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